Uomini e problemi del Mezzogiorno d’Italia nell’Ottocento
Ferdinando Di Dato
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Sachbuch / Neuzeit bis 1918
Beschreibung
«Qualche volta bisogna cercare di sottrarsi al rumore incessante delle notizie che arrivano da ogni parte. Per capire il presente dobbiamo imparare a guardarlo di sbieco. Oppure, ricorrendo a una metafora diversa: dobbiamo imparare a guardare il presente a distanza, come se lo vedessimo attraverso un cannocchiale rovesciato. Alla fine l'attualità emergerà di nuovo, ma in un contesto diverso, inaspettato». Seguendo tali consigli storiografici, il presente lavoro affronta le tappe fondamentali e le peculiarità che portarono alla fine del Regno delle Due Sicilie e alla necessaria formazione dell'Italia unita, ma in modo particolare analizza il ruolo del Mezzogiorno nella costruzione dell'Italia contemporanea.Il libro, con i suoi limiti, vuole essere anche una critica all'uso pubblico del passato e, soprattutto, all'interpretazione della storia del Mezzogiorno con una forte ideologia legittimista, che ha fatto ritornare negli ultimi decenni una vecchia interpretazione storiografica, per la quale il crollo del Regno borbonico non avvenne per dinamiche interne, ma per la semplice conquista piemontese. Questa tendenza storiografica ha parlato di saccheggio delle ricchezze meridionali, di smantellamento delle industrie del sud al momento dell'Unità, di unificazione forzata e di disillusione delle speranze dei contadini, i "briganti partigiani", che si ribellarono alle violenze subite dagli invasori, difendendo anche la presunta identità meridionale, contrapposta a quella settentrionale. Questa tendenza storiografica, sempre restando nella scia dell'«uso pubblico della storia», ha addirittura sostenuto che i problemi economici del Mezzogiorno sarebbero nati al momento dell'Unità con la colonizzazione dei Piemontesi. Il libro, per questo, è dedicato e indirizzato ai giovani, perché si sta consolidando sempre di più un processo di distruzione del passato. Infatti, come scrisse nel 1989 Eric Hobsbawm, «la maggior parte dei giovani, alla fine del secolo, è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono».