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Uscire dalla dipendenza

dagli approcci terapeutici agli interventi di prevenzione

Margherita Pizzetti

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Geisteswissenschaften, Kunst, Musik / Psychologie

Beschreibung

Gli ultimi decenni hanno visto un progressivo aumento delle conoscenze in parecchi ambiti delle scienze tra cui le neuroscienze, la psicologia sperimentale e le ricerche in campo sociale.
Esso, inoltre, ha permesso di approfondire la comprensione di altrettanti ambiti di vita, uno dei quali riguarda il meccanismo che sta dietro al consumo costante di sostante psicoattive che influiscono, più o meno gradualmente, sulle funzioni cerebrali e su tutti i processi mentali (motivazionali, cognitivi ed emozionali) e sui comportamenti adattivi a livello della società.
Interessante è, però, il fatto che il cervello sia dotato di una enorme plasticità che permetta alla persona dipendente, nonostante le recidive, di non essere all’interno di un cammino ineluttabile e di poter ritrovare, tramite opportuni aiuti, di poter ritrovare la via maestra.
Ad oggi, non si conoscono ancora nel dettaglio i fenomeni psicobiologici che rendono alcune persone più vulnerabili di altre alle sostanze psicoattive e non si conosce ancora nel dettaglio che cosa accada nel cervello soprattutto a livello di ricadute. Ciò indica che la dipendenza non possa essere intesa soltanto come un’alterazione del funzionamento cerebrale, ma che quest’ultimo debba essere messo in relazione con almeno altre due variabili: quella psicologica e quella socio-economica.
Questo è tanto più vero, quando si vanno a considerare le dipendenze senza sostanza: tra le più conosciute gambling ed internet addiction, che innescano meccanismi simili a quelli provocati dalle sostanze d’abuso.
Ma non potrebbe essere che l’inizio dell’utilizzo di sostanze di abuso o di virtualità non gestite sia anche una possibile risposta disadattiva della persona dovuta all’incapacità di sapere rispondere alle richieste dell’ambiente, quasi un’incapacità di interagire con esso?
Alla luce di questo, l’elaborato cerca di chiarire i punti di avvio per impostare una possibile attività di prevenzione a partire da:
•  l’analisi del DSM-IV e del DSM-V, per lo più legata ad alcuni cambiamenti sull’origine e sullo sviluppo delle dipendenze, il craving; l’uso patologico di comportamenti altrimenti accettati e considerati ‘normali’, quali alcol, tabacco, gioco, lavoro, sesso, …;
•  le varie forme di intervento biopsicosociale, sia dal punto di vista burocratico dei servizi pubblici sia comunitario con il rilevante contributo del volontariato;
•  le principali forme di prevenzione: dalla primaria universale, passando alla secondaria diretta a gruppi a rischio, alla terziaria diretta a persone che pur consumando si ritrovano ancora ad essere in campo sub-clinico, alla quaternaria, legata ad un evitamento dell’uso eccessivo delle risorse sanitarie.

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