Tripoli la bianca sposa del Mediterraneo
Nino Lacagnina
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Belletristik/Erzählende Literatur
Beschreibung
In questo romanzo, Tripoli la bianca sposa del Mediterraneo, l’autore nel descrive le bellezze, le meraviglie, gl’incanti della sua Tripoli bianca, incastonata nel seno mediterraneo, quasi una conca ospitale d’abbraccio col mare di perle e l’infinito deserto e l’oro vivace delle dune cangianti, esprime tutto il senso di struggente nostalgia - l’emozione provata al cospetto di – un tramonto infuocato, - un deserto immerso nel profondo silenzio - una malattia…che ricorda sempre un cielo azzurro, luminoso e terso - un vento odoroso – un lago d’acqua verde in un’oasi, - una laudata invocazione a Dio da un minareto. Tripoli è la terra che gli ha dato i natali, è la sua terra che ora lontana lo fa soffrire di un “Mal D’Africa” profondo. Ricorda la sua ricca di storia. Rilegge le tracce arcaiche che hanno valorizzano le vicende di un paese conteso. Antica dimora dei Fenici, appartenne ai Greci, Romani, Vandali, Normanni, Bizantini, Spagnoli, Cavalieri dell’ordine di Malta, Italiani. L’occupazione italiana non fu per niente gradita al popolo libico. Lo scontento reazionario fu guidato da Omar al Mukhtar, un condottiero ben voluto dalla sua gente. Il gen. Graziani sedò le sommosse con metodi duri. Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1951, la Libia fu dichiarata indipendente con a capo re Idris. Dopo pochi anni, nel 1969, un colpo di stato orchestrato dal colonnello Mu’Ammar El-Qadhdafi pose fine alla monarchia istaurando una feroce dittatura. Allora furono espulsi 20.000 italiani che subirono la confisca di tutti gli averi, compresa la casa e tutte le suppellettili e quanto altro avevano con tanti sacrifici realizzato. Gli italiani portarono con sé anche le salme dei propri cari, perché correva voce che il nuovo dittatore avrebbe smantellato il cimitero italiano di Hammangi. La storia ammette le sofferenze subite dal popolo libico nella colonizzazione italiana nel tormentato periodo del generale Graziani: l’occupazione non è distensione. Ma quale responsabilità potevano avere gl’italiani residenti e nati in Libia? L’espulsione dalla loro terra fu la più grande umiliazione, aggravata dall’indifferenza dei nostri politici e governanti. Questa riflessione fa dire anche all’autore che “L’Italia sbagliava quando perseguiva una politica coloniale e sbaglia adesso quando cerca di sopprimere le nostre tradizioni in nome dell’integrazione di stranieri nella nostra società. L’integrazione va senz’altro cercata e perseguita, ma non a discapito del nostro credo e delle nostre tradizioni.“ Egli, non si dà pace come Mu’Ammar El- Qadhdafi non abbia tenuto in nessuna considerazione i libici italiani, nati in Libia, e nella sua irriducibile nostalgia confessa che non tornerebbe più in Libia perché ” …vedrei solo una città straniera ricca di palazzoni e grattacieli… Non tornerei come appartenente al popolo tripolino italiano. Sono offeso e umiliato di apparire al mondo, unitamente ai miei compaesani, come responsabile delle malefatte del colonialismo. Il popolo tripolino italiano, semmai è vittima del risentimento odioso di Gheddafi e dell’indifferenza dei nostri compatrioti in patria. La dignità di un popolo è molto più importante della stessa vita.” Ninoelle.